Il coraggio di chiedere aiuto

Riconoscere di avere un problema e non riuscire ad affrontarlo da soli.

“Mi vergognavo di quello che succedeva dentro di me, di tutto quel fracasso, quel disordine, quella agitazione. Nessuno doveva guardare là dentro, nessuno doveva sapere, neanche il dottore. Qualsiasi altra condizione di vita mi sembrava preferibile. Navigavo senza tregua in acque terribilmente pericolose, piene di vortici, di rapide, di relitti e insidie nascoste, tutto questo dovendo far finta di scivolare su un lago tranquillo come fossi un cigno” (Tratto da “Le parole per dirlo” di Marie Cardinal)

La richiesta di aiuto è sempre un momento delicato, significa riconoscere e accettare di avere un problema e di non riuscire ad affrontarlo da soli. A volte si tratta di un malessere o di un disagio a cui è difficile dare un nome. A volte è più facile pensare che è solo un momento, che passerà, aspettare piuttosto che scegliere di agire, di fare qualcosa per stare meglio.
Esistono infinite sfaccettature del disagio psicologico, può essere il corpo che ne paga le conseguenze, diventando lo sfogo, l’espressione di quanto la coscienza non può capire o accettare.
Come ci suggerisce Galimberti:

“Benessere e malessere, salute e malattia, piacere e dolore trovano qui il luogo naturale della loro definizione. Il corpo umano è prima di tutto un’originaria apertura al mondo, per cui il modo in cui l’esistenza vive il proprio corpo rivela il modo in cui vive il mondo” (Galimberti, 1983).

Alcune volte è fin troppo facile accanirsi su di sé senza cercare una reale soluzione, ma ricorrendo all’autocommiserazione, punendosi o privandosi di cose che si desiderano. Altre volte si può finire per sfogare la propria frustrazione, la rabbia per ciò che si vive sulle persone che si hanno attorno, compromettendo così dei rapporti significativi.
Il “coraggio” di rivolgersi ad uno specialista può essere un primo passo verso se stessi. Aprire una finestra sul proprio mondo intero come spiraglio verso la libertà.
Come ci ha insegnato l’antropoanalisi di Binswanger, il disagio psicologico può essere considerato un modo di essere nel mondo, un’espressione drammatica dell’“essere-costretti-ad-essere”, una configurazione il cui progetto di mondo si presenta oppressivo e povero rispetto all’estrema libertà che caratterizza gli altri modi di essere, il “poter-essere” e l’“avere-il-permesso-di-essere”.
In quest’ottica il lavoro dello specialista si basa sulla valorizzazione delle mille sfaccettature e complessità dell’essere umano, partendo dal presupposto che l’unicità e le particolarità vanno valorizzate piuttosto che aggirate, senza più bisogno di fingere, aprendo un ventaglio infinito di possibilità di scelta.

“L’uomo crede di volere la libertà, in realtà ne ha una grande paura, perchè la libertà lo obbliga a prendere decisioni, e le decisioni comportano rischi” (Erich Fromm).

Non abbiate timore di chiedere aiuto.

L’articolo è stato pubblicato anche su “Fiumicino On Line” al seguente link.

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